Problemi con iWeb 2 (o meglio iWeb ’08)

iWeb, l’applicazione per creare siti in maniera semplificata, ha dato la possibilità a chi non mastica una riga di codice di creare uno o più siti con la tradizionale semplicità delle applicazioni Apple.
Il successo di quest’applicazione ha spinto Apple a potenziare e migliorare le sue capacità, infatti nella Suite iLife’08 è inclusa una nuova versione di iWeb. Questo comporta un adeguamento dei progetti realizzati precedentemente per poter integrare le nuove funzionalità aggiunte.
Come per la precedente versione, e come la recente tendenza delle altre applicazioni Apple, iWeb gestisce tutto internamente, in una sua libreria integrata (denominata Domain che risiede in Application Support, per cui non è previsto alcun genere di backup o esportazione del progetto sia per trasportare il lavoro su un’altra macchina che per archiviarlo su un supporto diverso dall’HD di Sistema.
L’utente più smaliziato avrà sicuramente trovato il modo di aggirare questo limite, agendo proprio sulla libreria di iWeb direttamente dal Finder. La precedente versione non comportava controindicazioni di alcun genere permettendoci di rinominare o spostare il pacchetto “Domain” a nostra discrezione… ma l’ultima versione rischia di farci perdere tutte le immagini contenute nel sito aggionato da iWeb ’08. Come fare quindi per non perdere mesi di sudatissimo lavoro?

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È ovvio che se l’utente ha lasciato gestire i progetti direttamente ad iWeb ’06 non dovrebbe correre alcun pericolo, ma se per comodità personale ha preferito dividere i vari siti realizzati con iWeb in altrettanti “Domain” allora l’aggiornamento ad iWeb ’08 potrebbe essere rischioso.
Quindi, regola fondamentale: Prima di installare iWeb2 eseguire una copia dei vari “Domain” personalizzati in un posto sicuro senza toccarli più.
A questo punto installare la nuova Suite iLife ’08 e al termine accertarsi che nella cartella Home/Libreria/Application Support/iWeb sia presente il file che vogliamo lavorare e (importante) che sia nominato “Domain”, con la prima lettera maiuscola.
L’estensione dovrebbe essere già “.sites”.
A questo punto lanciando iWeb ’08 dovremmo imbatterci in un avviso di nuova importazione: “Per questa versione di iWeb è necessario aggiornare il documento del dominio, che contiene tutte le informazioni relative al tuo sito web“.
Il messaggio è chiaro, il contenuto del file “Domain.sites” verrà adattato dal nuovo programma e verrà rinominato in “Domain.sites2”, mentre i nuovi files (quelli nativi per intenderci) avranno l’estensione “.sites” ma una classe differente, denominata “BLDocumentTypeNativeDomain1x”.

A questo punto, il nostro progetto dovrebbe essere sano e salvo, pronto per essere lavorato con iWeb ’08. Adesso per prova, si potrebbe provare a corrompere il file (logicamente una copia inutile e non l’originale) provando, ad applicazione chiusa, a rinominarlo e successivamente aprendolo con un doppio clic. Vedermo all’apparenza il progetto integro e funzionale, come ai “vecchi tempi”, però al momento del salvataggio vedremo tristemente scomparire le immagini contenute in tutte le pagine attualmente non visualizzate, perdendo definitivamente tutti i collegamenti che avevamo inserito, bello eh?
Non so se questa perdita di dati accidentale potrebbe definirsi un difetto, in effetti si tratta di una manipolazione esterna non prevista, ma sicuramente l’utilizzo del programma è diventato più rigorosamente legato all’interno del software, riducendo notevolmente la possibilità di archiviare i progetti direttamente dal Finder. Per evitare guai del genere i programmatori di Cupertino avrebbero potuto generare un avviso del tipo: “iWeb richiede che sia presente un file “Domain” all’interno della sua cartella per funzionare correttamente”.
Allora ricapitolando, per non avere problemi con il passaggio ad iWeb ’08 bisogna accertarsi che all’interno della cartella iWeb sia presente il nostro documento rigorosamente nominato “Domain” e con l’estensione originaria.
—OraCle

Non è bello ciò che piace

Questo mio intervento trae spunto dalla splendida brochure realizzata da FontShop “Die 100 besten Schriften Aller Zeiten” (peccato che sia redatta esclusivamente in tedesco) disponibile anche in pdf. Per gli addetti ai lavori costituisce un ottima opportunità didattica, con tanti dati e curiosità relativi ad altrettante famiglie di caratteri (oggi comunemente denominate Fonts) ed ai loro autori.
Tuttavia il nome dato a questa raccolta è da considerarsi fuorviante, anche se non si può dimenticare che si tratta pur sempre di un prodotto confezionato da un “venditore” di fonts che deve in parte guardare ai propri fini commerciali.

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Identificare e definire i 100 fonts più belli di sempre è infatti un operazione “impossibile” e non solo per le componenti soggettive da sempre correlate al concetto di bellezza.

Un titolo più giusto probabilmente sarebbe stato (in italiano) “I 100 Fonts che hanno fatto la storia della tipografia”, ma anche in questo caso storici e “puristi” avrebbero potuto muovere delle critiche a causa di clamorose omissioni.

In ogni caso, ciò che mi premeva sottolineare è che la “bellezza” dei caratteri è un concetto che va riconsiderato radicalmente: la loro bellezza infatti è inscindibilmente legata al contesto in cui questi vengono utilizzati.
È quindi la “funzionalità al contesto” l’elemento chiave, capace di rivelare la bellezza intrinseca, spesso insospettabile, che si nasconde in ogni famiglia di caratteri.

La grazia o l’originalità del disegno di ogni fonts rischiano di essere vanificate da una errata scelta in ambito progettuale. E colgo qui l’occasione per suggerire a tutti coloro che non hanno un forte background in ambiente tipografico, ma che in virtù dei potenti strumenti offerti dalla tecnologia si cimentano nella realizzazione di pubblicazioni o siti web, di non “vergognarsi” nel prendere ad esempio per le loro produzioni ciò che viene realizzato da professionisti affermati.

Se per la composizione del testo di un libro vengono ancora oggi preferiti dalle grandi case editrici caratteri disegnati qualche secolo fa un motivo dovrà pur esserci. Un font molto fantasioso ed eccentrico ci farebbe impazzire dopo tre righe…
Così come per i siti web: prendete ad esempio le scelte tipografiche e compositive fatte da chi ha curato l’immagine di marchi prestigiosi o di riviste affermate nei settori di vostro interesse: molti scopriranno forse con un po di stupore che le scelte si limitano spesso ad un paio di famiglie, una “finta” limitazione che ripaga in termini di impatto estetico e di leggibilità…

I caratteri costituiscono un universo vastissimo, e ovviamente non tutti hanno la possibilità o l’esigenza di approfondirne la storia, gli stili, le classificazioni e le modalità compositive, ma un uso più “ragionato” degli stessi può anche nascere dall’osservazione attenta del lavoro dei professionisti del settore.

Fateci un pensierino… ; )

—WhiteDuke

(Gaetano Ruocco)

Il Mac non si spegne?

Mac OSX è sicuramente il più stabile Sistema Operativo alla portata di tutti i comuni mortali, ma come ogni cosa creata dalla mano dell’uomo non è perfetto. A volte, anche se veramente di rado, può imballarsi senza apparente motivo, magari perché qualcosa nella rete crea qualche problema, oppure per qualche ragione imprevedibile. Anche quando la rotella iridata gira all’infinito si è tentati di premere il tasto di spegnimento forzato o addirittura di staccare la spina… Però si corre il rischio di creare un danno serio quando viene a mancare così brutalmente l’alimentazione.
Allora come comportarsi per ridurre le coseguenze spiacevoli al minimo?
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Prima di tutto, quando il Mac comincia a dare cenni di rallentamento bisogna chiudere le altre applicazioni che abbiamo lasciato aperte in background. Per questo ci viene in aiuto il Dock, sempre che abbiamo disabilitato le funzioni “nascondi” e “ingrandimento”, altrimenti le possibilità di utilizzarlo si riducono drasticamente. In alternativa si ricorre alla chiusura forzata delle applicazioni superflue tramite la scorciatoia Mela+Alt+Esc. Altra opzione è quella di lanciare il Terminale, sempre che sia stato parcheggiato nel Dock, eseguire il comando “top” per monitorare e prendere nota del numero corrispondente all’applicazione che si vuole chiudere, poi basta digitare “q” e premere invio per uscire da “top” ed eseguire “kill” seguito dal numero del programma da chiudere definitivamente.
Se in nessuno di questi modi si riesce a riprendere il controllo del Mac, ci si trova costretti a spegnerlo “con il bottone”. Sui modelli precedenti al G5 esiste il tasto “reset” contrassegnato da un triangolino, di solito nei pressi del tasto di accensione. Con l’avvento del G5, e l’abbandono definitivo di Classic, alla Apple hanno pensato bene di togliere il tasto “reset”, (forse con l’augurio che non dovesse servire mai più) per cui si è costretti a premere a lungo (più di tre secondi) il tasto di “accensione“, che in questo caso diventa di “spegnimento“, sempre meglio di staccare proprio la spina.
Si rischia però di portare danni sia all’hardware, poiché l’Hard Disk perde improvvisamente energia, che al software, poiché tutti i processi in corso vengono interrotti bruscamente.
Allora ecco una soluzione meno dolorosa: Portare alla morte il paziente mentre sta dormendo.
Sì, perché infatti è possibile premere il tasto di spegnimento per meno di tre secondi, costringendo il Mac, anche se in crisi, a mettere in stop la macchina, questo accade nel 99% dei casi, anche se talvolta occorre aspettare anche più di un minuto prima di vedere il computer arrestare tutti i processi.
Una volta portato il Mac in stop, assicurandoci che nessun rumore provenga più dai suoi organi, si può serenamente staccare la spina dell’alimentazione sapendo che nessun componente interno rischierà di rimanere danneggiato.
—OraCle

Ottimizzare il lavoro da soli

Cos’è il Computer? A cosa serve? Sono domande che i professionisti del DTP e della grafica non si pongono, sanno bene che è lo strumento principale per procurarsi il pane quotidiano.
E proprio loro in cosa si imbattono ogni giorno? In decine, centinaia o migliaia di immagini digitali, che siano esse provenienti da carta, da pellicola, da fotocamere o dal web. Lo strumento più usato (ed in questi ambienti è l’unico) è Adobe Photoshop, giunto da poco alla versione 10 ed incluso nella Suite CS3.
Photoshop permette una miriade di funzioni che vanno oltre al “semplice” fotoritocco o alterazione delle immagini. Tra queste feature esistono le storiche “azioni” che sono tanto vecchie quanto sconosciute, ed in accoppiata con gli altri strumenti della Creative Suite, possono semplificare la vita non poco.
In questo articolo prenderemo in considerazione l’accesso a centinaia di immagini digitali prese da varie sorgenti, da rinominare, convertire in CMYK, ridimensionare, salvare in TIFF su un disco di rete permettendone l’accesso immediato al gruppo di lavoro.
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1- Rinominare.
I files generati dalle più svariate apparecchiature, spesso hanno un numero consecutivo preceduto da una sigla di default impostata dalla macchina: “DSCN” nel caso della Nikon; “IMG” nel caso di Canon; “DSCF” per le Fuji e così via… Quindi è necessario procedere ad una rinominazione dei files prima di dare in pasto le immagini alla elaborazione automatica.
Ci vengono incontro diversi software, due su tutti: Renamer e Renamer4Mac; due freeware che usati insieme possono rivelarsi indispensabili, poiché complementari.
Ma ci sono soluzioni integrate nella CS, come Adobe Bridge che permette (entro alcuni limiti) di rinominare le immagini, oppure soluzioni esterne, come iView MediaPro (acquisito da un paio di mesi da Microsoft) che permette un controllo totale su cartelle, file, immagini, estensioni e nomi.
Per comodità useremo proprio quest’ultimo, iView MediaPro, che permette di rinominare cartelle e sottocartelle in un unico passaggio. Basta trascinare la cartella che contiene tutti i files in questione ed attendere che il programma abbia caricato le informazioni delle immagini.


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Poi selezioniamo le immagini da rinominare (Mela+A per selezionarle tutte) ed andiamo nel menù Azione/Rinomina Batch…
A questo punto bisogna solo impostare, in base alle nostre esigenze, il criterio di rinominazione file.
Ricordiamo che l’operazione è irreversibile, fortunatamente esiste una comoda finestra di anteprima che ci mostra come cambierà il nome del file.


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Adesso i nostri files possono essere comodamente spostati in un’unica cartella, senza correre il rischio di avere due o più immagini con lo stesso nome.
iView MediaPro è un programma molto completo per la catalogazione delle immagini, ma anche font, PDF e documenti grafici in genere, ed ha a corredo un pacchetto di funzioni per l’esportazione dei cataloghi in html, in elenco di testo, in miniature e in filmati.
La nuova versione venduta da Microsoft ora si chiama Expression Media e conserva tutte le caratteristiche dell’originale.

2- Creare l’azione.
Supponiamo che il nostro tipografo, service di stampa o editore esiga immagini a 300 dpi, in CMYK ed in formato Tiff, come potremo ottimizzare al massimo quest’operazione ripetitiva?
Photoshop, già da svariati anni, prevede molte operazioni di batch, ma noi prenderemo in considerazione il “droplet” per la sua superiore versatilità e comodità.
Prima di tutto apriamo un’immagine in Photoshop, ed andiamo nel menù Finestra/Azioni, si aprirà un pannello nel quale sarà possibile gestire tutte le nostre azioni, predefinite e future.
Andiamo nel pulsante del pannello Azioni in alto a sinistra e creiamo una nuova azione, alla quale assegneremo un nome tipo: “Salva 300dpiCMYK in Tiff folder”.


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A questo punto partirà la REGISTRAZIONE dell’azione (tasto rosso) ed eseguiremo la procedura completa sulla prima immagine.
E cioè: convertiamo in CMYK; ridimensioniamo a 300 dpi senza interpolare ed infine il salviamo in TIFF nella nostra cartella “tiff folder” che andremo a creare direttamente sul disco di destinazione.
Chiudiamo l’immagine e RICORDIAMOCI di premere STOP (il tasto quadrato) nel pannello Azioni.


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3- Generare il droplet.
Ora che abbiamo creato la nostra nuova azione, possiamo utilizzarla per creare un droplet, cioè una piccola applicazione che eseguirà in automatico il batch appena creato, semplicemente trascinandovi sopra la cartella con i files originali.
Selezioniamo la nostra azione e spostiamoci nel menù File/Automatizza/Crea droplet.
Impostiamo i parametri come illustrato e salviamo il nostro droplet.


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Ormai non ci resta che trascinare la cartella delle immagini direttamente sul droplet, e mentre il nostro Mac lavora per noi avremo il tempo di prenderci una meritata pausa caffè.
Ricordiamo che questo esempio di automatismo può essere applicato a mille altre esigenze: rotazioni, filtri, ridimensionamenti, conversioni, salvataggi in diversi formati, correzioni colore, alterazioni e così via.
La procedura per creare un droplet funzionante non è semplicissima, ma ripagherà molto gli sforzi fatti all’inizio.
Un’ultima nota. A causa di un bug più o meno noto, può essere necessario selezionare il droplet nel Finder, e nella finestra informazioni cancellarne l’icona per renderlo attivo.

—OraCle

Cambiare la Ram al Macmini Intel

Il Macmini è un quadrato di soli 16,5 cm per 5 cm di altezza in un case in alluminio anodizzato e racchiude al suo interno un processore Intel Dual Core. È dotato di un sensore ad infrarossi per l’Apple Remote, porta Gigabit Ethernet, quattro porte USB, uscita audio SPDIF, porta Firewire, uscita DVI, AirPort Extreme e Bluetooth 2.0.
Un vero gioiellino insomma, ma la dotazione base di Ram è davvero scarsa, in più suddivisa in 2 banchi da 256MB che occupano gli unici slot disponibili. A questo punto, se non si vuole un sovrapprezzo di 260 euro per acquistarlo già con 2GB di Ram, basterà acquistare un paio di banchi da 1GB che non costeranno più di 220 euro (in alcuni casi possono costare la metà), conservando però i due banchi originali.
Adesso bisogna ingegnarsi per aprire il Macmini, ecco pronta per voi una completa guida fotografica.

—OraCle

Salvare un video per QuickTime o iPod

Durante le nostre scorribande su Internet può capitare di trovare dei video o delle animazioni in flash davvero carine, che avremmo voglia di conservare per rivederle in seguito o magari per trasferirle sul telefonino e mostrarle agli amici.
Con pochi strumenti, tutti rigorosamente freeware, è possibile scaricare video dalla rete per condividerli con chiunque vogliamo e su svariati dispositivi.
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Prima di tutto occupiamoci di salvare il video sul nostro Mac.
E’ necessario il browser Firefox, scaricabile da qui, su cui andremo ad installare alcune estensioni, cioè dei programmi che ampliano la funzionalità del browser (ndr: da questo momento utilizzate Firefox prima di proseguire).
Abbiamo bisogno di VideoDownloader, che ci consentirà di scaricare praticamente tutti i tipi di filmati che si trovano in giro (MySpace, YouTube, GoogleVideo, Metacafe…), poi di Firebug, che solitamente è un tool per Webmaster, ma ci farà comodo per scaricare le animazioni in flash (.fla), infine scarichiamo iSquint, un’utility che ci permette di convertire file .AVI, .MPG, .MOV e .FLV in MPEG-4 e H.264

Installiamo tutti i programmi e le estensioni, ed iniziamo a lavorare.
La maggior parte dei video che vengono scaricati oggi sono in formato .flv (YouTube) o gvp (GoogleVideo). La procedura è simile. Prendiamo come esempio il sito di GoogleVideo.
Vi suggerisco di vedere questo divertente video.
Lasciate perdere la possibilità di scaricarlo dalla colonna di destra, cliccate semplicemente sull’icona di VideoDownloader in fondo alla pagina:


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A questo punto si aprirà la finestra del programma.
Vi basterà cliccare sul bottone “download link” e il gioco è fatto.


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Osservate che su GoogleVideo ci sono 3 possibili opzioni di salvataggio:
1) .flv = è un video in Flash
2) .avi = è il classico Divx
3) .mp4 = è un formato compatibile con l’iPod

Vi basterà scegliere quello più adatto alle vostre esigenze.
Non è neppure necessario fare ulteriori conversioni.
Il discorso è diverso per YouTube, che invece offre una sola opzione:


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Il file salvato sarà in formato .flv.
Su YouTube, inoltre, dovrete aspettare che sia terminato lo streaming (cioè dovrete vedere tutto il video), prima di poterlo scaricare.

Vedremo più avanti come convertirlo.

Un caso diverso è quando abbiamo un animazione flash che VideoDownloader non riesce a scaricare. Un esempio è il bellissimo filmato che trovate qui (http://retrospectivelefilm.free.fr/), cliccando sulla voce “Le Film”.
In questo caso dobbiamo utilizzare l’ottimo Firebug. Basta selezionare “apri firebug” dal menù “Strumenti” di Firefox o cliccare sul pulsante “Inspect Element” (quello con l’icona di un paio di occhiali) se lo abbiamo installato nella barra di navigazione.

Quindi selezioniamo il tab “Net” come da figura e cerchiamo l’oggetto di dimensioni maggiori:


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Ci facciamo click col destro (o CTRL+click per chi ha il mouse ad un solo pulsante) e selezioniamo “copy location”:


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Poi MELA+T oppure MELA+N per aprire rispettivamente una nuova scheda o una nuova finestra e si incolla l’URL appena copiato nella barra degli indirizzi.
Digitiamo INVIO e aspettiamo che parta il download:


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A questo punto dobbiamo convertire il nostro file .flv in un altro formato per poterlo vedere senza problemi.
Quindi apriamo iSquint e trasciniamo il file .flv nella finestra principale:


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Selezioniamo l’opzione desiderata.
Io suggerisco “qualità perfetta” e “ottimizza per TV”.
Se volete divertirvi premete il pulsante “avanzate” da cui è possibile settare “meglio” il programma.
Io non ne ho mai avuto bisogno e poi…


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Comunque cliccando su “avvia” dopo pochi secondi o minuti (a seconda della dimensione) avrete il vostro filmato bello e pronto.

Buona visione e… alla prossima!
Federico

Apple e il PDF

PDF è un acronimo per “Portable Document Format” e serve a rappresentare i documenti in modo che siano indipendenti dall’hardware e dal software che si usa per crearli o per visualizzarli.
In un PDF si possono inserire sia testo che immagini a qualsiasi risoluzione.
Chi adopera il System X di mamma Apple ha inclusa nel sistema operativo la possibilità di lavorare immediatamente con i file PDF, senza bisogno di installare software di terze parti.
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E’ possibile sia leggere che scrivere (da qualsiasi programma) questo tipo di file.
Per visualizzarli basta cliccarci sopra e Anteprima si occuperà di fare tutto. E’ molto più veloce di Adobe Reader e permette di selezionare testi e immagini, cercare parole all’interno del documento, ruotare le pagine, ecc.

Per crearli, a prescindere dal programma che stiamo usando, bisogna partire dalla finestra Stampa.

Per esempio se vogliamo generare un PDF dal file “relazione.txt”

1) aprire il file
2) MELA+P oppure “Archivio –> Stampa”
3) click sul tasto “PDF”
comparirà la seguente finestra:


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A questo punto è possibile scegliere fra numerose opzioni.
In genere è sufficiente selezionare la prima voce “registra come PDF…” ed il gioco è fatto.

Se dobbiamo spedirlo per mail è possibile creare un PDF compresso, in modo da ridurre la dimensione finale.
Questo trucco è molto utile quando nel documento sono inserite immagini ad alta risoluzione.

Per snellire ancora il documento, prima di cliccare sul pulsante PDF è possibile scegliere dalle opzioni ColorSync, la voce “Quartz Filter” come da immagini:


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e selezionare “Reduce file size”


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Ma alla fine a cosa serve un PDF?

• Anzitutto è possibile scambiare documenti con utenti che non condividono il nostro hardware o software (basta pensare a chi non ha installato Office), senza contare che è molto pratico per coloro che navigano su Internet ed hanno l’esigenza di salvare le pagine in un formato stabile, già ottimizzato per la stampa. Ad esempio io ho l’abitudine di salvare in PDF tutti i tutorial per Photoshop che trovo in rete, per consultarli magari con calma in seguito.
Ovviamente è sempre possibile salvare la pagina direttamente dal browser, ma così facendo si genera un file html, con la sua cartellina, che risulta lento da aprire in caso che siano presenti script, banner ecc.

• Il PDF è utile anche nel caso dobbiamo inviare un documento di cui vogliamo mantenere impaginazione, carattere ecc. Basta pensare ad un modulo che deve essere stampato e compilato successivamente a mano.

• Volendo è possibile criptare il documento in modo da renderlo leggibile solo a coloro che possiedono la password corretta:


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• Infine il PDF dovrebbe essere una scelta obbligata per i maniaci della sicurezza nel caso di invio di allegati per posta elettronica. Generalmente si spediscono file di Word, senza curarsi della pericolosità di questi file (macro infette, trojan ecc)…
E se è vero che noi “melisti” siamo tutto sommato immuni dai virus che affliggono l’altro mondo, è pur vero che non è comunque salubre lavorare con files infetti.

Alla prossima!

Federico

Come clonare un HD Mac

Ciao a tutti e scusate la richiesta che può sembrarvi banale.
Ho comprato un HD LaCie firewire 800 da 500 GB perché ho deciso che non è mai troppo presto per farmi un backup totale del portatile.
Ora vorrei sapere quale software devo usare per fare la copia avviabile del mio MacBook Pro.
Grazie e continuate così!
Mario Gaeta
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Ciao Mario,
La tua richiesta è tutt’altro che banale. Infatti capita spesso che ci sia la necessità di effettuare la copia identica di un volume, e questo non sempre è semplice.
Con il Sistema 9 e precedenti, che non avevano permessi e file invisibili “indispensabili”, bastava semplicemente trascinare i file e le cartelle anche “a caldo”, mentre nel caso di un disco con il Sistema Operativo X l’operazione dev’essere fatta per bene.

Esistono in commercio vari software shareware o freeware per la copia, come l’ottimo Carbon Copy Cloner, ma le ultime versioni di Utility Disco permettono di farlo tranquillamente, a patto che i due dischi, l’originale e la copia, possano essere disattivati.
Per cui, se vuoi effettuare la copia identica del tuo Hard Disk di Sistema devi avviare da un terzo disco di avvio.

A corredo con il tuo MacBook pro, hai il DVD di installazione di Tiger.
Puoi tranquillamente utilizzare quello come terzo disco di avvio.

Primo passo, avvia dal DVD di Tiger premendo “C” all’avvio con il disco inserito.
Seleziona la lingua “italiano”.
Lancia Utility Disco dal menù Utility.
Seleziona l’HD LaCie esterno.
Clicca sul pannello “RIPRISTINA”.
In “sorgente” trascina l’HD del MBP ed in “destinazione” trascina l’HD Esterno.
A questo punto devi anche spuntare la voce “Inizializza destinazione”.
Infine basta premere il tasto “Ripristina” ed attendere il termine del processo.
Questa è la procedura migliore, certificata Apple ed infallibile.

Potresti anche utilizzare Utility Disco per partizionare il tuo Lacie, destinando uno spazio pari all’HD del tuo MacBook per il BackUp clonato, e la partizione aggiuntiva per parcheggiare i file della scrivania o per eseguire un BackUp dei tuoi dati quotidiani. A questo punto puoi servirti di iMsafe, una beta gratuita che ormai da un paio d’anni offre un servizio più che egregio.

Da notare che con i processori INTEL è possibile fare il boot con OSX anche da HD esterni USB, mentre con i PPC bisogna per forza usare la connessione Firewire.
PS: Con il Sistema 9 era già possibile fare il boot da USB, addirittura da una pendrive, era la fine degli anni ’90.

—OraCle